OMELIA 31a Domenica Tempo Ordinario. Anno C

 «Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura.4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È entrato in casa di un peccatore!”. 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. 9Gesù gli rispose: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”». (Lc 19, 1-10)

 

Il Vangelo di oggi parla di conversione. E nel Vangelo ‘conversione’  non è mai solo un fatto interiore, lasciando intatto il mondo. Convertirsi significa cambiare stile di vita e non semplicemente l’anima. Vuol dire misurare la propria vita con quella dei poveri e interrogarsi se essa non è fondata nell’ingiustizia. San Francesco nella storia del cristianesimo è esemplare in questo senso.

Al tempo di Gesù, Gerico la città teatro del nostro episodio, era una grande città. Vi abitavano sacerdoti, uomini facoltosi e personaggi famosi. Erode vi si era fatto costruire tre splendidi palazzi. Ma, tra tutti questi personaggi egregi, Gesù sceglie di alloggiare presso un uomo iniquo, ricco di una ricchezza disonesta. Un pubblico peccatore.

Tempo prima aveva spiegato ai suoi che: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Lc 5, 31), per questo ora ribadisce che «Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (v. 10).

Chi è il nostro Dio dunque? Di Dio possiamo dire e quindi conoscere solo ciò che traspare dall’azione dell’uomo Gesù di Nazareth: «Chi vede me vede il Padre» (Gv 12, 45). E ciò che traspare dall’opera di Gesù è l’essere venuto a cercare e salvare, guarire e liberare, rialzare e rimettere in moto la vita, far tornare a respirare, sperare e rendere fecondo. Questo è dunque il nostro Dio.

Quando Zaccheo scopre questo, inizia la sua conversione: cambiamento di vita, di mentalità, di prassi. Perché l’unico modo con cui l’uomo possa essere trasformato, non sarà mai un comando moralistico, magari accompagnato da una minaccia : ‘devi, altrimenti…’, ma il sentirsi amati gratuitamente: ‘ti amo comunque, ora puoi…’.

Noi pensiamo a volte che per fare l’esperienza dell’amore di Dio, occorra prima cambiare vita. Qui Zaccheo fa prima esperienza di un amore gratuito e solo dopo può trasformare il suo stile di vita: «Io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (v. 8).

Gesù ci rivela che è Dio a mettersi alla ricerca dell’uomo, e dell’uomo più lontano, più fragile, più abbietto, proprio perché nessuno vada perduto (Gv 3, 16).

Il cristianesimo sarà perciò anzitutto un lasciarsi scovare da Dio, non aver paura di aprirgli la parte più indecente di noi, quell’abisso oscuro per cui la gente e magari noi stessi, arriva a ritenersi un perduto; presentatogli la propria ombra esistenziale,  si sperimenterà al contempo che è anche l’appiglio cui Dio può aggrapparsi per stringerci nel suo abbraccio. E poi, scopertici amati e trasformati, cominceremo a vivere come Dio stesso, ossia come Gesù, a manifestare cioè la nostra fede di cristiani, fede che si renderà operosa attraverso la carità (cfr Gal 5, 6), perché nel Vangelo questa non è mai identificata in contenuti dottrinali o «dogmi di carattere religioso, né con riti sacri o normative legate a tali rituali. La fede è sempre messa in relazione a comportamenti legati alla salute e alla dignità delle persone che soffrono a causa di malattie, di esclusione sociale o a causa di carenze legate all’alimentazione o alle ingiustizie che soffrono i più deboli» (José María Castillo).