OMELIA 6a Domenica di Pasqua. Anno B

«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». (Gv 15, 9-17)

 

 

Siamo tutti e solo, mendicanti di gioia.

Gioia è la parola più “alta” che il nostro vocabolario esistenziale conosca. Essa sta sopra anche all’amore: ci può essere un amore senza gioia, e in questo caso non si vivrà che la tristezza massima.

Ed è più grande – ovviamente – anche del piacere, benché crediamo che basti godere un po’ per essere gioiosi. Si confondono le realtà; si cerca vita e ci s’accontenta della ‘vivacità’.

 

Il Vangelo di oggi, ci rivela una verità fondamentale del nostro vivere. Gesù afferma: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi» (v. 11).

Noi crediamo che la gioia (o la felicità) sia il prodotto di un rapporto relazionale giocato sulla reciprocità: io amo te, e se tu ami me io vivrò nella gioia.

Il problema si verifica quando l’amore non è corrisposto; quando amo e ricevo in cambio odio. Allora, non provo gioia, ma solo rabbia, frustrazione e tristezza.

Gesù mi sta dicendo che il suo amore, vissuto nella reciprocità totale col Padre è fonte della gioia più grande, perché divina appunto. E questa ora Gesù la fa entrare in me! Cosa vuol dire questo concretamente? Che anche quando non vivrò un amore ricambiato, potrò comunque vivere in una gioia profonda. Se accetto di partecipare di questa gioia, frutto di un amore più grande, potrò amare un altro che non è in grado di ricambiare il mio amore. La reciprocità la vivo in realtà con una relazione più alta, originaria, che mi permette di sopperire quella mancata con l’altro.

Potrò, in somma, permettermi il lusso di amare l’altro senza attendermi nulla in cambio!

La vera gioia, la perfetta letizia, è questione di cuore dunque, di ‘partecipazione’ con un principio fondante, e non consequenziale alle relazioni che vivo. Si può essere nella gioia pur vivendo fatiche e difficoltà anche drammatiche. Se partecipiamo della vita stessa di Dio, nessuna situazione, nessuna persona, nessun evento potrà mai togliermi questa gioia che è parte della mia vita: «nessuno vi potrà togliere la vostra gioia» dice Gesù ai suoi (Gv 16, 23).

La mia gioia riposa dunque nell’Amore che Dio nutre per me. E si nutre dell’amore che io riverso su mio fratello. L’unico modo per cessare d’essere felici, è impedire all’altro di esserlo, di non amarlo sino a dare la vita per lui (cfr. v. 13).

“Ecco, io torno da Perugia e, a notte fonda, giungo qui, ed è inverno fangoso e così rigido che, all’estremità della tonaca, si formano dei ghiacciuoli d’acqua congelata, che mi percuotono continuamente le gambe fino a far uscire il sangue da siffatte ferite. E io tutto nel fango, nel freddo del ghiaccio, giungo alla porta e, dopo aver lungo picchiato e chiamato, viene un frate e chiede: “Chi è?”. Io rispondo: “Frate Francesco”. E quegli dice: “Vattene, non è ora decente, questa, di andare in giro, non entrerai”. E poiché io insisto ancora, l’altro risponde: “Vattene, tu sei un semplice e un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te”. E io sempre resto davanti la porta e dico: “Per amor di Dio, accoglietemi per questa notte”. E quegli risponde: “Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là“. Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell’anima”.  (Fonti francescane 278 Laudi e Preghiere)