OMELIA XXVII domenica del Tempo Ordinario. Anno C

Lc 17, 5-10
Dovremmo inserire nei catechismi una virtù in più: la ‘fede nell’umanità’. Prima di credere in un Dio, sarebbe necessario cominciare a credere nell’essere umano, e ciò che di meglio egli si porta dentro.
«La fede nella possibilità che l’uomo ha di liberarsi del suo male è una qualità straordinaria. La fede nell’uomo è la fede nell’impossibile, è la fede, per esempio per chi lotta perché il mondo sia fatto da uomini eguali fra loro e senza violenza» (Ernesto Balducci).
I cristiani da sempre si portano dentro la triste convinzione d’essere inesorabilmente segnati dal peccato, inadeguati in quanto facenti parte di quella ‘massa dannata’ inaugurata da una malaugurata progenie; costantemente bisognosi d’un tutore che hanno imparato a chiamare dio, pronto ad intervenire ad ogni piè sospinto con la sua ‘santa grazia’ per sostenerli nel corso della vita identificata con una ‘valle di lacrime’.
Il Vangelo di oggi però ci parla d’altro: «solo dopo che hai fatto tutto ciò che dovevi fare, che era in tuo potere fare, solo dopo aver vissuto da essere umano, fino all’estremo, potrai dire “sono un servo inutile”». Non prima. Non ti è dato disertare la storia sino a quando non sarai venuto alla luce di te stesso, giunto alla vita piena, perché occorre sapere che ‘alla fine’ risorgeranno i vivi non i morti.
La fede nella nostra divina-umanità occorrerebbe mettere in campo nel nostro vivere quotidiano. La mia umanità non è altro che ‘Dio all’opera’; per questo mi è chiesto di vivere con passione e attenzione ogni istante, ogni momento per portarmi a sbocciare, e quindi ad incarnare Dio nel mondo. In un certo senso siamo noi ad aiutare Dio ad essere presente nel mondo, ad incarnarlo. Non il contrario.
È questo, dunque, il tempo della fede come fiducia nella nostra insita capacità di bene, di giustizia, di bontà; fiducia nella retta coscienza che ci abita e nella profondissima capacità di amare che possediamo. Si sposterebbero così montagne di odio e di violenza, d’intolleranza e d’ignoranza.
Se oggi qualcuno crede ancora in Dio, chi crede ancora nella bontà dell’uomo?
«Abbiamo avuto uomini che hanno saputo morire per il futuro dell’umanità, hanno dato voce alla specie umana e sono morti per questo. Che importa se dicevano che in cielo non c’è nessuno? In cielo ci sono tanti idoli. Ce li abbiamo messi noi. Forse è una via necessaria anche quella di spopolarlo, visto che molta sostanza di umanità è stata proiettata e come alienata nel cielo delle immaginazioni. Quel che conta è la fede nel futuro dell’umanità. Dobbiamo essere intransigenti contro i rassegnati. I veri nemici del futuro non sono i cattivi, ma i rassegnati». (Balducci)