OMELIA 27a Domenica Tempo Ordinario. Anno B

«Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. 3Ma egli rispose loro: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”. 4Dissero: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla”. 5Gesù disse loro: “Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6Ma dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; 7per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie 8e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. 9Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”. 10A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. 11E disse loro: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; 12e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio”. 13Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. 14Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. 15In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”. 16E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro». (Mc 10, 2-16)

 

«Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che essa non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa» (Dt 24, 1).

Questa è la Legge di Mosè come è riportata nell’Antico Testamento. E Gesù la conosce molto bene. Ma ancor meglio Gesù sa cosa vuol dire ‘una donna mandata via di casa’ dal proprio marito-padrone: selvaggina, una donna morta.

Per questo motivo per Gesù non c’è Legge di Mosè che tenga, non c’è Legge divina che possa rimanere in piedi di fronte l’offesa ufficializzata ai danni dell’anello più debole e inerme di una società maschilista e brutale. Perché l’Amore desidera solo e sempre salvare la persona, la sua integrità, la sua dignità, il suo bene più profondo. Gesù non può permettere che una mentalità malata – pur di diritto ‘divino’ – possa distruggere una vita indifesa.

È solo con questo background che si possono comprendere le parole di Gesù: «dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto» (v. 9). Gesù qui non è contro lo statuto del divorzio; smettiamola di usare il vangelo per avallare le nostre crociate moderne. Qui, e in tutto il Vangelo, Gesù si pone semplicemente dalla parte debole della società, di chi non conta, di chi è considerato abito da usare e corpo da abusare. Non è un caso che nei versetti successivi Gesù ribadisca tutto questo invitando e abbracciando proprio i bambini, secondo anello debole e ‘inutile’ di ogni società.

«L’uomo non divida…». Gesù invita a non dividere, a non scartare e allontanare mai una vita solo per il proprio egoistico e basso tornaconto. L’altro non può mai essere usato per soddisfare i propri bisogni e nemmeno per realizzare i propri sogni. Per questo Gesù invita a non dividere, perché dividere è il verbo della morte, in quanto la vita sta nell’unione delle diversità. La divisione è sempre diabolica: il diavolo (dia-ballo: colui che separa) è il divisore per antonomasia. L’amore (a – mors: antidoto contro la morte) invece accoglie, congiunge e unisce. E prende tra le braccia e benedice ossia dicendo bene dell’altro (cfr. v. 16).

 

Poi la storia di ogni giorno ci narra che possono verificarsi delle separazioni, delle divisioni, che vanno a sancire la fine anche di amori grandi e importanti. A quel punto, di fronte all’abisso del cuore umano, bisogna solo fermarsi con infinito rispetto, e ricordarsi che il Vangelo ci mostra un Dio che sposa e sposerà sempre le conseguenze dei nostri sbagli e delle nostre storie ferite.