OMELIA 29a Domenica Tempo Ordinario. Anno A

«Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?”. 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: “Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo”. Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: “Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?”. 21Gli risposero: “Di Cesare”. Allora disse loro: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22, 15-21).

 

L’uomo è immerso nel mondo, a cui capo vi è – e vi sarà sempre – un Cesare. Il cristiano è dentro a questa storia, come il sale nella pasta: «Voi siete sale della terra» (Mt 5, 13), e  «luce del mondo» (Mt 5, 14). L’essere di Cristo non autorizza a disertare la terra.  Anzi, l’unico luogo dove è permesso  compierci e realizzarci è solo questo mondo.

«Rendete a Cesare quel che è di Cesare» (v. 21) vuol dire servire, prendersi cura di quello che siamo soliti denominare il bene comune: impegnarsi a fare il bene in questo mondo di Cesari. Questo non significa idolatrare il potente di turno, ma fare in modo che questo mondo possa essere ‘trasformato’ dal di dentro, attraverso l’inserimento di un ‘principio nuovo’ , una nuova modalità d’esistenza, un altro stile di vita. Sarà pur vero che questo mondo è pieno di menzogna e di morte, ma Gesù ebbe a dire ai suoi: «Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare» (Lc 10, 19), dove il serpente è simbolo della menzogna, e lo scorpione simbolo di morte in quanto ha il veleno nella coda, sua parte terminale. Il cristiano è, in virtù della sua appartenenza a Cristo, ‘nuova’ modalità d’esistenza, portatore di un principio di vita nuovo in grado di vincere anche la menzogna e la morte.  Essere cristiani non significa essere proiettati verso un aldilà paradisiaco, ‘saltando’ la terra, ma piuttosto essere ‘rinviati’, radicati, ben piantati su questa terra attraverso una modalità di vita del tutto nuova.

 

Cosa vuol dire rendere a Dio ciò che è di Dio? Se nel caso di Cesare tutto è partito da un’effige su di una moneta, qual è la moneta che riguarda il mondo di Dio? L’uomo. L’essere umano è immagine di Dio. Rendere a Dio ciò che è di Dio significherà restituirgli le sue creature nella loro piena dignità, l’uomo ridonato a se stesso, ripulito dal fango che lo imbratta, guarito delle ferite nel corpo e nell’anima.

Il Vangelo di oggi sottolinea che ai cristiani non è dato disertare la terra in nome di un fantomatico ‘cielo’, ma è chiesto loro di trasformare la terra in un cielo.

Nel Padre nostro noi preghiamo perché venga qui ed ora il suo Regno, e noi sappiamo che laddove si vive l’amore, là si trova già un “pezzo di Regno di Dio”. Il paradiso non sarà tanto la terra che trasfigurata dall’amore salirà in cielo, ma piuttosto il cielo che scende sulla terra, e impregna di amore ogni cosa. Paradiso sarà questa terra trasformata in cielo, e questo grazie all’amore vissuto qui ed ora, in un mondo di Cesari e di santi.