OMELIA 2a Domenica di Quaresima. Anno B

 

 

«Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. 6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. 8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. 9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. 10Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti». (Mc 9, 2-10)

 

 

Al termine del Vangelo di Marco, abbiamo gli angeli che dinanzi al sepolcro vuoto di Gesù dicono alle donne: Il risorto non è qui: «Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete» (16, 7). Come a dire che il fatto della risurrezione non è anzitutto oggetto di fede, di conoscenza dottrinale, dogma, ma fatto esperienziale. Se la tua vita quotidiana non conosce risurrezione, se non vivi da risorto, allora per te Gesù non sarà mai il Risorto, per quanto tu possa proclamarlo tale, ostinandoti magari a cercarlo tra i morti: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (cfr. Lc 24, 5).

Per questo Marco – che non ha nella sua forma originaria l’episodio della risurrezione e delle apparizioni – mette al ‘centro’ del suo Vangelo l’episodio della trasfigurazione. Egli si ostina a ripetermi che se tu vivi il Vangelo ovvero ascolti e metti in pratica ciò che Gesù ha detto e fatto, la tua vita finalmente si trasfigura, cambia forma, nel senso che può cominciare per te una ‘vita nuova’, vivendo tu stesso da risorto, permettendoti al contempo di vivere proprio in te la risurrezione di Gesù.

 

Ecco cosa ci rivela il bellissimo Vangelo di oggi: se si comincia a dare ascolto e a vivere il Vangelo di Gesù in ogni scelta, pensiero, azione del quotidiano, sperimenteremo una lenta metamorfosi (senso letterale di trasfigurazione) del nostro essere più profondo, assumendo la nostra forma vera, ‘giusta’, finalmente quella umana, che ci appartiene. La trasfigurazione ci fa vedere insomma ‘di che stoffa siamo fatti nel più profondo dell’essere’, qual è la nostra vera natura, o se vogliamo: ciò cui dovremmo essere: creature ‘ad immagine e somiglianza di Dio’.

Noi non siamo quello che pensiamo di essere: cattivi, peccatori, egoisti, invidiosi e odiosi. Siamo molto di più, in bellezza e grazia; la nostra vera natura è ben altra, il problema è che non lo sappiamo. L’episodio della trasfigurazione è lo specchio nel quale viene riflesso ciò che potremmo essere se accogliessimo in noi la novità del Vangelo e permettessimo all’energia del Risorto di lavorarci.

Allora l’unica domanda vera è questa: noi per fede sappiamo che Gesù è risorto, ma concretamente dov’è, dove possiamo farne esperienza nel nostro quotidiano? Nel mio vivere qui ed ora, nella mia Galilea:  «Là lo vedrete». Io manifesto con la mia vita il Cristo risorto, in quanto ho cominciato a vivere grazie alla sua energia nel mio vivere di tutti i giorni. E chi vedrà me, trasfigurato da una vita del genere, contemplerà il Risorto.  Questo vuol dire diventare testimoni del Cristo.

 

La scena del Vangelo avviene dopo «sei giorni» (v. 2). A cosa ci si riferisce con questa indicazione di tempo? Alla creazione, che si è conclusa nel sesto giorno, per potersi compiere entrando nel settimo giorno, nella pienezza stessa di Dio, l’Amore che trasfigura ed accende l’universo in attesa (dalla Liturgia).

La nostra vita non sta andando verso la sfigurazione. La vita non è un lento cammino verso lo sfiguramento di noi stessi, purtroppo come si pensa, facendo di tutto per fermare l’inesorabile processo di invecchiamento. La nostra vita è un interminabile processo di metamorfosi, di cambiamento di forma, come il bruco che giunto al termine della vita non conosce la morte, ma il miracolo del volo per essersi trasformato in farfalla. Certo, la vita è tutto un cammino di trasfigurazione: attraverso l’amore divengo sempre più me stesso in una rinnovazione dell’umano interiore anche se il mio corpo biologico pare andare dalla parte opposta: «Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno» (2Cor 4, 16).

 

Marco descrive la trasfigurazione in termini di luce. La luce è il simbolo più bello di Dio, la luce fa esistere le cose per quello che sono, le fa vedere, le fa conoscere nella loro verità. La luce è principio di vita, di calore, di amore, di conoscenza. Noi stessi veniamo trasformati in questa luce, che per natura è in grado di dissipare le tenebre in cui siamo immersi.

La luce è il principio stesso della creazione: “Sia la luce e la luce fu”, pronunciò Dio all’inizio di tutto. E partecipe di questa vocazione straordinaria,  Pietro prende la parola dicendo: “È bello” (v. 5). È vero, è bello. È bello essere, non semplicemente stare, qui, in questo mondo rinnovato. Noi siamo fatti per essere in questa bellezza, nella verità stessa dell’essere. È bella la nostra vita quando sa che si sta trasformando attraverso il bene in quello che è chiamata ad essere. È bella la vita quando sa che nulla andrà perduto, ma tutto sta andando verso il compimento e non verso la dissoluzione. In qualsiasi altrove non potremmo stare, perché non fa per noi, non è il nostro luogo, non siamo fatti per quello. Ogni altro luogo che non è l’amore, è per definizione brutto.

 

A farmi bello sarà perciò immergermi nella relazione col Dio che mi rivela quanto sono amato,  e sapere che questo amore diventa principio d’un cammino nuovo.

Il compimento di sé avviene solo attraverso un lento cammino di trasfigurazione, grazie al principio dell’amore si è detto. Qui però Pietro, invece di camminare, preferirebbe piantare tre capanne. Come l’uomo di sempre, cerca di catturare la bellezza, la verità, l’amore. Invece no, vivere è un processo di compimento, un venire alla luce di sé, un compiersi, un lento lavorio di se stessi. Non una fatica senza fine che giunge a nulla, ma una crescita costante perché l’amore e la bellezza non hanno limite: «La vita dello Spirito va di cominciamento in cominciamento, di ripresa in ripresa senza fine» (Gregorio di Nissa).

 

Verremo alla luce di noi stessi, cambieremo forma, nella misura in cui ascolteremo la sua voce: «Ascoltatelo» (v. 7). Con l’ascolto della Parola la nostra vita diventa come quella di Dio che è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, libertà, che sono il frutto dello Spirito (Gal 5, 22). Saremo trasfigurati quando cominceremo a dare il frutto dello Spirito, quando la vita stessa di Dio che è in noi trasfigurerà la nostra, e muterà l’egoismo in amore, la tristezza in gioia, la guerra in pace, la schiavitù in libertà, la durezza in mitezza.

 

È interessante che spesso siamo in cerca di visioni, rivelazioni e apparizioni. Questo brano ci ricorda che ciò che conta e ciò che basta, è Gesù. Il Padre dice semplicemente di ascoltare lui nel quale ha posto ogni suo compiacimento e compimento. L’ascolto di Lui ci rende come Lui. È la parola accolta che ci trasforma in “figli di Dio” (Gv1, 12), ci introduce nella sua stessa famiglia. L’uomo di Dio da sempre grida: “Mostrami il Tuo volto”  e Lui risponde: “Ascolta mio Figlio e vedrai il mio volto, sarai tu il mio volto sulla terra, perché sarai mio figlio nell’ascolto della mia parola che è Gesù”. L’ascolto di Gesù fa vivere di Gesù, fa vivere la vita del Figlio e ci fa vivere da figli. In questo modo torneremo a essere figli a immagine del Padre, e insieme troveremo la nostra vera identità.