OMELIA I domenica di Quaresima. Anno C

«1Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, 2per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. 3Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». 4Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo».
5Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra 6e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio.7Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo».8Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto».
9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; 10sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
affinché essi ti custodiscano;
11e anche:
Essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
12Gesù gli rispose: «È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».
13Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato» (Lc 4, 1-13)
“Dio è amore” (1Gv 4, 8).
E l’amore dà, non può far altro. Ma cosa dona l’amore? Tutto ciò che è, e non ciò che ha. L’amore ha a che fare solo con la dimensione dell’essere, non dell’avere. Un amore che dona poco meno che se stesso, non dà nulla. Inoltre l’amore raggiunge l’amato sempre là dove questi sta morendo.
Nel mio limite, nella mia fragilità, nel mio peccato egli mi raggiunge col suo essere – e non con le sue cose – facendo in modo che quello che poteva essere per me luogo di morte, di sconfitta, di fallimento si trasformi in occasione di incontro, di abbraccio, di rinascita.
La misericordia funziona così: trasforma luoghi di inferno, in spazi di paradiso.
Questa logica intrinseca all’amore appena descritta, non è scontata viverla nel nostro quotidiano. Il dare la propria vita perché l’altro possa sperimentare in pienezza la propria, non è infatti cosa di questo mondo. La logica comune è piuttosto quella che grida: mors tua vita mea.
Una grande tentazione insita nella vita dell’uomo da sempre, è quella di affermare la felicità, di instaurare il bene, di creare un ‘mondo migliore’ fuori dalla logica dell’amore. Ricordiamo però che tutto ciò si chiama ‘dittatura del bene’, provocando – va da sé – solo grande sofferenza.
È ciò che il diavolo sta cercando di insinuare in Gesù: affermare il bene nel mondo, portare la felicità, non come frutto di un lento e faticoso lavorio dell’amore, ma come imposizione di una ‘volontà di potenza’, di un atto di forza, come risultato di uno spettacolo della propria divinità.
La felicità, il bene dell’altro, il vivere relazioni sane, la pace tra le persone è affermabile solo a caro prezzo, e con tempi molto lunghi, quelli propri dell’amore appunto.
Il bene è qualcosa di prezioso, e per questo non può che essere il distillato di un amore che ha conosciuto tutta la fatica del dono di sé, la scarnificazione per la rinuncia del proprio egoismo, che ha saputo versare lacrime e sangue perché il bene potesse essere affermato e divenire più forte anche della morte. Proprio come Cristo che trasforma il mondo del male in luogo di incontro e di salvezza, avendo vissuto prima, fino in fondo, la compassione, la pazienza, la compagnia buona con gli uomini che gli passavano accanto, sino a pagare completamente il prezzo di questo amore, salendo su una croce.