OMELIA III domenica Tempo Ordinario. Anno B

Mc 1, 14-20
Il momento è pieno (Kairós), dice Gesù all’inizio della sua avventura nel mondo.
Se per la mentalità greca il tempo si risolve in un ‘eterno ritorno’, dove tutto si reitera all’infinito, se nella visione semitica la concezione del tempo è lineare: tensione verso una meta che coinciderà col compimento, Gesù dice ‘Il tempo è pieno, compiuto’. È ora. Giovanni lo dirà in maniera icastica: “Ora prendetene” (Gv 2, 8).
La pienezza è già data. Il Tutto è già presente. La salvezza – ossia il compimento del cuore – non è qualcosa che dovrà accadere o da meritarsi, ma realtà d’accogliere, a cui attingere. Quante energie investite per un futuro che non è ancora dato, e quante nostalgie su ciò che è passato. Solo l’adesso è colmo di promessa. Un ‘presente’ non è in fondo anche un regalo?
Convertitevi. Convertirsi nel vangelo indica cambiamento di mentalità, e non cambiamento di direzione. Convertitevi vorrà dire: smetti di pensare che per fare esperienza del Tutto tu debba diventare migliore, e affaccendarti per Dio. Il banchetto è già dato, accorgiti dove sta la vita e attingi!
Credete nel vangelo: fidati di questo vangelo, di ciò che Gesù ha detto e fatto. La fede è ‘poter appoggiare il piede su qualcosa di stabile’. Abbiamo bisogno di credere in qualcosa di affidabile, altrimenti la nostra vita si perde. Prova: vedi se in lui trovi fondatezza.
È l’esperienza dei primi discepoli di Gesù, Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni – coppie di fratelli che fatta esperienza dell’oceano possono permettersi di cessare di affaticarsi per una pozza d’acqua. Lasciano le pesanti reti che legano (i comandamenti, i precetti), e padri (i propri gendarmi interiori) che accusano. Fidandosi dell’amore che viene a cercare e ad unire a sé, viene anche ristabilita quella fraternità infranta col primo fratricidio, quando Caino uccise Abele perché scopertosi troppo lontano e inadeguato rispetto la divinità. E insieme, come fratelli, potranno finalmente prendersi cura di chi è prigioniero del male, andando a pescarli (v. 17) in torbide acque per ricondurli in un abbraccio che ha il sapore di Dio.