OMELIA IV domenica di Quaresima. Anno A

Gv 9, 1-41
C’è un uomo segnato dal male, cieco dalla nascita.
Di chi è la colpa, sua o della sua ascendenza, domandano i discepoli a Gesù. Di nessuno risponde il Maestro. Ma ora è necessario alleviargli la sofferenza, e in questo modo si manifesterà il ‘Dio all’opera’: «Egli è così perché in lui siano manifestate le opere di Dio» (v. 3).
Sterile e inconcludente ricercare un capro espiatorio del male del mondo: datti da fare per stemperarlo. Dinanzi al male comincia a fare il bene.
Gesù prende del fango, e lo mescola con la sua saliva (nell’antichità considerata spirito solidificato). È un gesto che rimanda chiaramente alla creazione dell’uomo secondo il mito di Genesi: Dio prende del fango dalla terra, vi insuffla il suo spirito ed ecco l’essere vivente.
Fuori di metafora: quest’uomo cieco dalla nascita rappresenta l’essere umano che ignora sé stesso, la propria verità profonda, la sua autentica essenza. Gesù gli pone dinanzi agli occhi l’uomo primigenio, l’uomo compiuto, autentico: guarda ciò che sei chiamato ad essere.
Gesù rivela l’uomo all’uomo.
Ma a questo punto Gesù si ferma: e inizia lo spazio della libertà umana. Infatti sta all’uomo andarsi a bagnare per cominciare a vedere veramente. La strada per diventare adulti e completi dobbiamo percorrerla da soli. Nessuno potrà farlo al posto nostro.
Andò – si lavò – tornò che ci vedeva.
Quest’uomo si è fidato della parola di Gesù. S’è immerso nell’umanità di Gesù, ha fatto sua la postura esistenziale del Nazareno: la giustizia, la bontà, la compassione, il bene. E questo gli ha finalmente spalancato gli occhi sul mondo, quegli occhi che erano ciechi in quanto rivolti solo al proprio piccolo ego.
Agli increduli che dubitano della sua guarigione egli risponderà: ‘Sono-io’, ἐγὼ εἰμί’: io sono. Niente meno che l’autopresentazione di Dio nell’Antico Testamento e di Gesù nel vangelo di Giovanni.
Si è lavato di Cristo ed è diventato cristico.
L’amore trasforma nell’Amato.
Ungendo col fango gli occhi al cieco nato, Gesù ha ricordato a quest’uomo – e a tutti gli esseri umani – l’altezza vertiginosa cui si è chiamati: un’umanità talmente grande, dignitosa e bella da coincidere col divino.