OMELIA Pasqua di risurrezione. Anno C

Gv 20, 1-9

Dopo il fatto della morte per crocifissione di Gesù, accadde qualcosa. I discepoli, che lo abbandonarono il venerdì, al ‘primo giorno’ della settimana hanno di lui una considerazione diversa, nuova. Qualsiasi cosa sia stato l’evento ‘pasqua’, per le loro vite deve essere stato sconvolgente.
Ora, questo ‘evento’ è stato raccontato dal Nuovo Testamento in cinque modalità diverse, e tutte profondamente divergenti tra loro, come già avvenne per i racconti dell’infanzia di Gesù.
Solo due esempi: le donne videro Gesù risorto al sepolcro? Marco dice sì (ma solo nella versione spuria, ossia quella aggiunta successivamente dalla Chiesa, dato che il Marco autentico non racconta alcun incontro col risorto); Matteo dice sì; Luca no. Per Giovanni sì ma la Maddalena lo incontrò solo durante la seconda visita al sepolcro. Nella prima non incontrò nessuno.
Dove avvenne l’incontro del risorto con in suoi? Marco, attraverso un angelo, invita le donne ad andare in Galilea (nord Israele) perché là lo vedranno. Ma da Marco non sapremo mai se questo incontro avvenne o meno.
Per Matteo l’incontro avvenne di certo in Galilea. Luca invece afferma che il risorto non fu mai visto in Galilea ma solo a Gerusalemme (sud d’Israele) o comunque in un villaggio vicino (Emmaus). Per Giovanni di certo a Gerusalemme.
E ancora, chi è stato il primo a vedere il risorto? Per Paolo (il primo a scrivere su Gesù) fu Pietro. Per Marco – s’è detto – nessuno ha visto il risorto. Matteo dice le donne al sepolcro; Luca afferma che videro Gesù solo due suoi discepoli nel villaggio di Emmaus; Giovanni invece Maria Maddalena da sola.
Le incongruenze sarebbero troppe per essere ricordate tutte. Ma da tutte queste sorge prepotente una domanda: la risurrezione di Gesù fu fisica? Gesù è uscito col suo corpo biologico da quel sepolcro? E se sì, perché un evento così importante, anzi fondamentale per la fede cristiana, non è stato raccontato con precisione?
Non è questa certo la sede per dissertare su tale questione, ma ascoltando anche solo Paolo, la risposta parrebbe negativa. Gesù è veramente risorto ma non realmente. Attenzione, c’è un abisso tra verità e realtà.
Un solo esempio, Paolo in 1Cor 15, 5-7 fa un elenco delle persone a cui apparve il Cristo risorto, e – con sorpresa – include anche sé stesso. Ma noi sappiamo che quando Paolo vive l’esperienza della cosiddetta risurrezione di Gesù, gli eventi riguardanti il Nazareno son già passati da circa sei anni. Allora di quale ‘risorto’ Paolo fa esperienza? Credere nel Cristo risorto non potrà voler dire fare esperienza del risorto nella vita, in una modalità così forte, grande, feconda da sperimentare la propria vita risorta? Paolo può aver fatto proprio l’invito di Gesù espresso in Giovanni: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto»? (Gv 20, 24-29).
Nel Marco autentico (primo evangelista a scrivere) non c’è apparizione del risorto ad alcuno: le donne scappano piene di paura; poi, nei vangeli e nei decenni successivi, la risurrezione diviene sempre più cosa fisica, tanto che le medesime donne s’aggrapperanno addirittura ai piedi del risorto.
Cosa successe dunque tra la morte del maestro e la potenza, l’energia che indusse i discepoli a cercare di edificare un mondo diverso fondato sull’insegnamento di Gesù? Probabilmente la lenta e progressiva comprensione che giocandosi la vita sullo stile vissuto dal Nazareno, si sperimenta la vita risorta, già qui su questa terra. Che il confine tra cielo e terra, tra umano e divino è stato infranto nella vita stessa di Gesù, e ora, vivendo come lui, tutto questo è possibile viverlo nella propria carne. E forse soprattutto la convinzione che vivendo in modo umano ci si trasforma da esseri vivi a esseri viventi, che donando la propria vita all’altro si vince la morte nella propria vita, giungendo così a sbocciare come essere umani.
Infondo il più bel testo sul significato della pasqua ce lo ha consegnato proprio Giovanni nella sua prima lettera, quando dice: «Noi sappiamo di essere [già ora] passati dalla morte alla vita [risorti] perché amiamo i fratelli» (1Gv 3, 14).
Ciò che avverrà della mia vita dopo la morte biologica non lo so. Sono convinto che verrà trasformata, come ogni altra cosa in natura, perché il seme muore e sorge lo stelo di grano, il bruco muore e la farfalla comincia a volare, la goccia d’acqua s’infrange nell’oceano e l’acqua della goccia s’unirà alla vastità dell’oceano, ossia l’amore e quindi la vita di Dio, perché nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
Credere in una risurrezione ‘senza miracolo’ non fa torto alla mia ragione e fonda al contempo la mia speranza.