OMELIA V domenica del Tempo di Pasqua. Anno C

Gv 13, 31-35
«Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato”» (V. 31).
Il massimo del male subìto, Gesù lo accoglie e lo fa coincidere col massimo della gloria. Gesù assume la tenebra e la trasforma in luce, manifestando così la stoffa di cui è fatto l’Amore: riportare la vittoria quando viene ferito.
Le mie fragilità, i miei limiti, i miei fallimenti, il male che mi accompagna da mane a sera, tutto questo può diventare luogo di rivelazione di qualcos’Altro, luminoso, inedito. Ferita che si fa feritoia ad una luce trasformante.
«Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte» ricorda Paolo (2Cor 12, 9s.).
“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (v. 34)
La novità di questa prescrizione non è tanto l’invito ad amare – affermato da sempre nella tradizione ebraica – ma piuttosto il fatto che ciò che viene comandato viene prima donato. Siamo è vero invitati ad amare, ma non come mossi da una legge eteronoma, proveniente dall’esterno, ma scoprendo che siamo portatori, ripieni di quell’amore che siamo chiamati a manifestare. Ciò che viene ‘comandato’ è già stato concesso: «Donami o Dio ciò che mi comandi, e poi comandami ciò che vuoi» (Agostino).
“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. Un passaggio splendido. Essere discepoli di Gesù non è questione di appartenenza: non a una Chiesa, né ad una religione. Non significa neppure essere battezzati o credenti. Essere discepoli non è questione dell’abito che s’indossa. Non da questo saremo riconosciuti, e tanto meno perché si frequentano culti e riti religiosi. “Da questo sapranno che siete miei discepoli, dall’amore…”. È solo l’amore a farci riconoscere come discepoli dell’Amore. Quanti discepoli di Cristo anonimi in giro per il mondo infatti… atei, agnostici, non praticanti, dubbiosi, appartenenti ad altre confessioni religiose… È l’Amore che fa nuove tutte le cose ed ogni essere umano, indipendentemente dalle loro appartenenze. Questo Amore è la ‘tenda di Dio in mezzo agli uomini’, come dice la pagina dell’Apocalisse di oggi. Ebbene, chi ama è di Cristo, anzi è cristico ovvero della stessa natura dell’Amore. È l’amore che ci fa compiere in umanità sino a diventare Cristo. Questo è stato il cammino dell’uomo e profeta Gesù di Nazareth, talmente umano da esser diventato il Cristo, manifestazione materica e temporale di ciò che viene chiamato Dio. A questo siamo chiamati tutti noi se ci risvegliassimo al nostro unico compito: diventare pienamente umani, e dunque divini.