OMELIA V domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Mc 1, 29-39

Gesù ‘esce’ dalla sinagoga – luogo religioso preposto all’incontro con Dio – ed ‘entra’ nella casa di Pietro. Dio non è meta da raggiungere con la religione ma Amore da accogliere nel proprio quotidiano. È infatti nella casa che si vivono le relazioni fondamentali che formano l’esistenza: non è un caso che qui si trovino due coppie di fratelli: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. Ecco cosa dovrebbe essere la Chiesa (la casa di Pietro): luogo dove si vivono relazioni fraterne grazie alle quali si sperimenta la presenza di Dio.
La suocera è qui simbolo di una Chiesa malata fin dalle origini: prostrata, incapace di stare in piedi, e di mettersi a servizio, sua essenza.
Gesù le si avvicina e le prende la mano (v. 31), simbolo del servizio, della cura alla vita. Quella mano che Eva all’origine usò per catturare, strappare e fagocitare vita, ora Gesù la guarisce, rendendola mano aperta, in grado di accogliere e di ridonare. Così la donna “si alzò” (nel greco viene usato il verbo della risurrezione) e si mette a servizio (v. 31b).
Questa è la guarigione che Gesù è venuto a portare all’uomo di sempre: capacità di mettersi a servizio degli altri, ossia di vivere da risorti: «Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita [e dunque risorti] perché amiamo i fratelli» (1Gv 3, 14).
Gesù, al mattino presto ‘scompare’ alla vista dei suoi e si ritira. Venuto nel mondo per insegnarci che l’unico modo per poter vivere da risorti è l’amore e la cura verso l’altro, Gesù sarà per sempre il ‘presente’ indisponibile. Non un ‘distributore automatico’ utile ai nostri bisogni, ma dono da accogliere.
«Tutti ti cercano» gli dicono (v. 37), e lui va altrove.
L’amore che si dona non accetta che gli amanti dipendano da lui. L’amore non crea dipendenza e costrizioni; lascia liberi.
Anche di perdersi.