OMELIA V domenica Tempo Ordinario, anno C

Lc 5, 1-11

«Quest’è l’ora in cui nulla / può accadere. / Non c’è cosa più amara che l’alba di un giorno
in cui nulla accadrà. Non c’è cosa più amara / che l’inutilità» (Cesare Pavese).
Un giorno all’alba, ti accorgi di aver sbagliato tutto, di aver fallito, di esserti ingannato su te stesso, sull’amore, sulle tue scelte, su Dio… E tutto diventa non senso, inutile.
Il vangelo che abbiamo ascoltato dice proprio questa esperienza del fallimento: una notte trascorsa in mare in cerca di vita per scoprirsi poi all’alba con le mani vuote, e non potendo più far nulla riassettare le reti e tornarsene a casa.
Gesù ‘vede’ la condizione dell’umano soffrire, e vi entra dentro: «salì su una barca» (v. 3). Dio dinanzi al mio fallimento, la mia aridità, al mio nulla non rimprovera, non giudica, non impone nulla, ma vi entra dentro, com-patisce, partecipa. E poi invita a salpare nuovamente, a ritentare ‘il folle volo’, il rischio dell’amore dicendomi: “prendi il largo!”.
Dio sposa le conseguenze del mio male, mi apre continuamente alla possibilità di una vita ‘altra’, feconda. Il fallimento passato non deve inficiare il futuro; per questo mi invita a non stare ai bordi dell’esistenza a contemplare la vastità del mare struggendomi in sensi di colpa e recriminando sulle cose fallite.
‘Prendi il largo!’. Tu sei fatto per altezze vertiginose, vai! La vita sta dinanzi, non alle spalle.
Dio è il verbo della vita declinato al futuro.

Ma Pietro a tutto ciò pare non credere: «Signore allontanati da me, perché sono un peccatore» (v. 8). Ci portiamo dentro l’idea tremenda che il nostro essere segnati dal male, dal fallimento, dal limite e dalla fragilità, ci ponga di fatto lontani da Dio. Come Pietro pensiamo che solo qualora ci presentassimo puri e adeguati, Dio potrebbe farsi accanto. E invece no. Il Vangelo afferma proprio il contrario. Gesù dice a Pietro e a me: «Non temere» (v. 10), la tua barca – la tua storia – va bene così com’è, per questo posso salirci sopra (cfr. v. 3). La tua miseria è luogo della mia misericordia, le tue mani vuote condizione perché io le possa riempire. Il tuo nulla condizione perché qualcosa possa accadere.
«D’ora in poi…» dice Gesù (v. 10). L’amore “mi fa ripartire da dove mi ero fermato” (Ronchi).
In quest’ottica la vita conoscerà un’altra fecondità: occasione di relazioni nuove, amori capaci di riscattare una vita, possibilità di recuperare fratelli e sorelle dall’abisso del male riportandoli a riva facendoli tornare a respirare. Questo vuol dire: ‘diventare pescatori di uomini’ (v. 10).