OMELIA XIV domenica del Tempo Ordinario. Anno C

Lc 10, 1-12.17-20

Lo “stare” ci trasforma in amanti. E come tali inviati e invitati a far visita alla ‘casa’ dell’altro, per fargli dono della pace: «In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace”» (v. 5).

Non si è inviati nel mondo ad indottrinare e tanto meno a giudicare, ma a riportare la pace nel cuore di uomini e donne in lotta con la vita. Interessante: ‘in qualunque casa…’. Anche quella abitata da peccatori, dai ‘diversi’, da malvagi… L’amore non sceglie, è scelto.

Il seguito del Vangelo di oggi ci suggerisce anche come elargire concretamente questa pace: guarendo i malati (v. 9). Malato è l’uomo segnato dal male, tutto ciò che in qualche modo lo diminuisce, lo impoverisce, lo blocca nel suo cammino verso il compimento. Siamo chiamati ad alleviare il dolore di chi ci sta accanto, a liberare le persone da pesi insopportabili, a farci compagni di viaggio tenendo compagnia all’altro nel suo cammino nel buio della notte.

Ma nella ‘casa’ dell’altro – si entrerà solo se poveri. Il ricco quando incontrerà l’altro, nella migliore delle ipotesi donerà cose ma mai sé stesso.

E questo amore donato, potrà anche essere rifiutato (v. 9b), ma proprio per questo non fallisce la sua opera, anzi la compie in pienezza, come il Figlio che sulla croce ha testimoniato un amore più forte della morte: ha dato la vita a chi gliel’ha rubata, ed è morto per chi l’ha ucciso.

Questo amore senza sé e senza ma, provoca qualcosa di incredibile, dice Gesù: “la caduta di Satana dal cielo” (v. 18). Fuori di metafora: più il bene viene affermato, più il male si dissolve, si sgretola, precipita nel nulla. Laddove si lavorerà per la giustizia e la pace, si disperderà anche la nebbia e l’oscurità che rendevano nascosti i nomi degli amanti scritti nel cielo (v. 20). E dato che nel vocabolario biblico nome sta per l’essenza più profonda della persona, e cielo indica il cuore stesso di Dio, chi ama è già nascosto con tutta la sua persona nel cuore stesso dell’Amore (cfr. Col 3, 13). Questo permette di credere – con dolce speranza – che «nulla potrà mai danneggiarci» (v. 19) e andare perduto, «nessun sacrificio per quanto nascosto e ignorato, nessuna lacrima e nessuna amicizia» (Michele Do).