OMELIA XXI domenica del Tempo Ordinario. Anno C

«Passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Disse loro: 24″Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”.26Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. 27Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi”». (Lc 13, 22-30)

A tutti coloro che pensano di giungere al proprio compimento di persone umane (questa è salvezza), semplicemente attraverso una serie di pratiche come: l’ascolto della Parola, «tu hai insegnato nelle nostre piazze» (v. 26b), una costante pratica eucaristica: «abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza» (v. 26) e magari una vita morale irreprensibile, portata avanti anche con una buona dose di sacrifici, Gesù risponde: «Per voi, la porta della salvezza è chiusa! Voi – proprio voi – non so di dove siete. Allontanatevi da me» (vv. 25b. 27).
Quelli che si salveranno, continua Gesù, saranno quelli che arriveranno da oriente ed occidente, da settentrione e mezzogiorno (v. 29) – luoghi dove risiedono i popoli maledetti e nemici storici di Israele! Proprio questi entreranno: «siederanno a mensa nel regno di Dio» (v. 29b), ovvero vivranno la comunione più alta con Dio. Interessante: si salva solo chi è perduto.
La salvezza, l’essere raggiunti dall’Amore che unisce a sé e apre al compimento dell’umano, è “dono” gratuito della ‘misericordia’ (dato che Dio è solo misericordia), per cui solo i ‘miseri’ potranno farne esperienza; non può essere “premio” per coloro che si sforzano attraverso i propri atti meritori e santi. Chi intende procurarsi la salvezza, è già perduto. Chi vive nella logica del merito, renderà vana la croce di Cristo, dono per tutti i ladroni crocifissi della storia.
Ma allora quel «sforzatevi di entrare per la porta stretta» (v. 24) come va interpretato?
Non certo come uno ‘sforzatevi con una vita morale e santa di entrare nel paradiso; sforzatevi di essere buoni, di amare, di non fare peccati…’. Anzitutto in greco non c’è sforzatevi bensì “lottate”.
Salvezza è un lasciarsi raggiungere dall’amore di Dio. Per cui Gesù mi sta dicendo che devo lottare contro tutto ciò che impedisce di essere amato da Dio. E ciò che impedisce a Dio di amarmi non è il mio peccato, la mia debolezza, ma il non accogliere, non fare spazio in me al suo dono immeritato, non accettare il suo amore gratuito, perché tutto intento a guadagnarmelo. Impedirò a Dio di amarmi ogni volta che penso che questo amore vada meritato. In questo caso lui non può venire a me, perché egli è venuto solo per gli ammalati e gli ingiusti (cfr. Lc 5, 31). Gesù sta dicendo proprio a noi: “Lottate” (sforzatevi) contro la vostra presunta “ricchezza” spirituale (cfr. Lc 6, 24), i vostri meriti, solo così potrò finalmente venire a recuperare ciò che era perduto (cfr. Lc 19, 10).
La porta sarà sempre stretta, anzi chiusa per ciascuno di noi se viviamo come schiavi dinanzi a un Dio padrone. E sarà larga solo per i miseri e i peccatori, perché da lì passerà il fiume della misericordia di Dio che come Padre si prende cura di tutti i suoi figli.
Qualcuno dinanzi a questo Vangelo sconvolgente dirà: allora è tutto ‘facile’, basta stare in un certo quietismo, magari continuando a peccare e aspettare che lui venga a salvarci. E invece no! Per questo Gesù dice: «lottate!». Ci vuole molta più forza per vivere da figli liberi e accettare di essere amati gratuitamente, che vivere da schiavi strisciando a terra come servi per guadagnarsi il suo amore. Ci vuole più forza ad aprire il pugno e stendere il palmo per ricevere il dono, che serrarlo per conquistare il cielo con la propria volontà.