OMELIA XXIX domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Mc 10, 35-45

«Cosa volete che io faccia per voi?» (v. 36), chiede Gesù ai suoi discepoli.
Vogliamo la gloria, rispondono loro. (v. 37).
Alla nostra ‘vana-gloria’ Gesù contrappone la gloria autentica dell’uomo e di Dio: uscire da sé per il bene dell’altro. Gesù infatti rivelerà la sua gloria sulla croce, conseguenza ultima dell’amore. Un patibolo infame diventa il suo trono regale e i due scanni così agognati dai due discepoli, sono occupati da due delinquenti crocifissi con lui.

«Cosa volete che io faccia per voi?». Il desiderio di Gesù e il sogno di Dio, è poter fare qualcosa per noi. Peccato che noi non sappiamo cosa chiediamo: «Voi non sapete quello che chiedete» (v. 38).
L’Amore desidera solo dispensare vita, ma noi domandiamo la possibilità di distruggercela, rovinando la nostra e quella degli altri.

«Tra voi però non è così» (v. 43), dice Gesù; tra voi deve vigere un altro stile di vita. Appartenete ad un altro regno, dove sta un Amore che dispensa sé stesso su tutto e su tutti. Un mondo dove chi è più grande si fa servo.
Capovolgimento da vertigine: più si esce dal proprio ego più si è grandi. Più si è grandi più ci si mette a servizio.
“Chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti” (v. 44). Viene usato qui il termine ‘schiavo’: il servo è colui che “lavora” per l’altro; lo schiavo “appartiene” all’altro. L’amore è appartenenza al cuore dell’altro, non vita da mestierante. ‘Dare la vita’ significherà dunque sia morire che dare alla luce, far nascere. Perché l’amore alla fine consiste in questo: essere disposti a morire perché l’altro possa cominciare a vivere veramente.