OMELIA XXIX domenica TO. Anno C

Lc 18, 1-8
“Se portate alla luce quello che è in voi, quello che porterete alla luce vi salverà” (vangelo apocrifo di Tommaso).
“Proprio come il burro esiste nel latte, così la Natura del Buddha permea tutti gli esseri” (sentenza Buddhista).
Credo che queste due sentenze antiche ci dicano qualcosa d’importante riguardo il passo evangelico odierno. In noi abita la ‘vera natura’, l’essere cristico se vogliamo dirla con termini cristiani: il divino insomma. È il nostro principio salvifico, la nostra autentica identità; la questione è farla emergere, darle spazio, liberarla dalle nebbie e dalle catene dell’ego, dal piccolo sé autocentrante, desiderante, giudicante, che tutto soffoca. Come il latte è potenzialmente già burro, così il nostro essere divini, luminosi, compiuti è già una cosa sola con la nostra umanità, devono solo verificarsi determinate condizioni perché tutto ciò possa accadere. La salvezza non ci giunge dunque dall’esterno, ma se ‘portiamo alla luce ciò che è in noi, allora la salvezza si compirà’, ossia diverremo veramente esseri viventi, non più schiavi dell’illusione, e smetteremo di faticare invano a cercare un po’ di felicità.
La trovo bellissima l’immagine del latte e del burro.
C’è un tesoro potenziale dentro il nostro essere, è già dato tutto – si pensi alla parabola del tesoro nascosto nel campo (cfr. Mt 13, 44) – dobbiamo solo togliere, asportare, estirpare tutto ciò che soffoca e impedisce alla nostra autentica natura di emergere.
Ed è qui che s’inserisce la preghiera che è al centro del nostro brano. Il ‘gridare giorno e notte’ non è un atto verso un dio che concederà per sfinimento quanto richiesto, ma un disporsi ‘giorno e notte’ ovvero continuamente all’attenzione, alla consapevolezza, alla non-dispersione, per entrare sempre più in contatto con proprio centro incandescente. Se si verificano le condizioni di ‘distacco’ dalla confusione, dai pensieri, dalle proprie attese e aspettative; dal proprio sé egoico, allora il passaggio di soglia, dal latte al burro, dall’umano al divino, si andrà ad affermare da sé facendoci sperimentare ciò che in ultimo chiamiamo salvezza, o compimento del cuore.