OMELIA XXX domenica del Tempo Ordinario. Anno A

Mt 22, 34-40
Ancora un’insidia per Gesù, tesagli anche ‘sta volta da un uomo religioso.
C’è un solo fondamentale comandamento per la tradizione ebraica: “Amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente”. Ma per Gesù ve n’è un altro, non da mettere dopo e neanche in aggiunta al primo: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Questo ‘è simile’ al grande comandamento, nel senso che lo specifica, lo invera: ‘Si amerà Dio amando il prossimo’.
O il rapporto con Dio attira l’altro nel circolo dell’amore, o è tutto un pretesto.
«Il “salutismo spirituale”, che si preoccupa solo della salvezza della propria anima, indica una pericolosa deformazione. Non si può stare soli dinanzi a Dio. Ci si salva tutti insieme, collegialmente, come diceva Solov’ëv: sarà salvato chi salva gli altri. Doroteo di Gaza ci dà una bella e chiara immagine della salvezza: il centro del cerchio è Dio e tutti gli uomini sono sulla circonferenza; dirigendosi verso Dio ognuno segue un raggio del cerchio e più si è vicini al centro, più i raggi si avvicinano tra loro. La distanza più breve tra Dio e l’uomo passa per il prossimo». (Pavel Evdokimov)
È questa la bella notizia apportataci col mistero dell’incarnazione: il volto di Dio si è fatto volto dell’uomo. E il volto dell’uomo è epifania di quello di Dio.
Ma è necessario che il primo rimanga primo, non nel senso cronologico, ma fondativo. L’essere-in- Dio, ci spingerà fuori verso un mondo in attesa.
Va da sé che ‘Amare Dio con tutto sé stessi’ significherà sviluppare in noi tutte le proprie potenzialità, quelle eminentemente umane spesso assopite, la nostra capacità di bene e di cura. Per poi cominciare a riversarle sull’umanità che ci circonda.
“Adorare non significa mostrare deferenza nei riguardi di un dio. Ma piuttosto sviluppare qualità divine in noi stessi” (Dal Libro del Tao).