OMELIA XXXIII domenica del TO. Anno C

Lc 21, 5-19
«Si solleverà nazione contro nazione, regno contro regno; vi saranno terremoti, carestie, pestilenze. Accadranno segni grandiosi nel cielo, e fatti che faranno tremare. Ma prima ancora di tutto questo metteranno le mani su di voi, vi perseguiteranno… a causa del mio nome.». Questo è un passaggio del vangelo di oggi. Gesù non fa sconti e non addolcisce nulla. Non promette scorciatoie né paradisi immediati. Guarda il mondo negli occhi e ci invita a fare lo stesso. Le cose non vanno bene — e non è detto che andranno meglio. Ma è proprio qui, in questo tempo ferito, pieno d’ombre che si gioca la verità dell’esistenza.
La tradizione zen dice: “Il mondo è perfetto così com’è”. E Gesù, in fondo, pare concordare: non perché è ingenuo o vada tutto bene, ma perché è in questo istante — non in un altrove immaginario — che siamo chiamati a vivere in pienezza, senza rimpianti e senza fughe. Non ci sono mondi paralleli nel quali si potrebbe vivere meglio.
Le tempeste, i dolori, gli sconvolgimenti non sono segni della fine, ma occasione di nascita. Come scrive Paolo: «tutta la creazione geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). Siamo solo invitati ad abitarlo con un’altra modalità d’esistenza. Ciò che deve cambiare non è il mondo, ma il nostro modo di abitarlo. L’unica rivoluzione oggi necessaria è quella interiore. Quella del cuore.
La vita non va verso la fine, ma piuttosto verso la sua trasfigurazione.
Forse allora la “fine del mondo” non avverrà quando l’odio avrà raggiunto l’apice, o quando l’ultima bomba avrà dissolto la terra, ma quando ciascuno saprà compiere un gesto di pura bontà: un abbraccio che accoglie, un pane condiviso, un perdono gratuito.
Sarà la fine — sì — ma nel senso più bello: il compimento della bellezza.
Ogni gesto di amore autentico anticipa la fine del mondo, la trasforma da catastrofe a rivelazione. Perché l’ultima parola non sarà la distruzione, ma la luce che filtra dal cuore umano. E così, su questo inferno che ancora chiamiamo terra, continuiamo a camminare: ostinati raccoglitori di fiori. E davanti al volto dell’altro, della persona amata, accarezzandone il volto pieni di meraviglia ci scopriamo a dire con un sorriso di tenerezza antica, ‘tu sei la fine del mondo’.