PASQUA DI RISURREZIONE

At 10, 34.37-43
Col 3, 1-4
Gv 20, 1-9
Myriam, la Maddalena, all’alba dell’Ottavo giorno vede il Signore risorto.
Di che visione si tratta? Non certamente quella data dagli occhi del corpo. I nostri occhi, i nostri sensi, sono preposti a guardare solo l’apparenza, la forma attraverso cui il reale si dà a noi.
Myriam vede oltre, dietro il reale. Vede l’Essenza. Come avesse alzato il velo dell’inganno, dell’illusione che tutto copre e nasconde, rimanendo senza fiato, piena di stupore di fronte al nuovo mondo che le si appalesa.
Risvegliata alla parte più sensibile della sua anima, Myriam vede e fa esperienza dell’immaginale, ossia il luogo in cui si corporalizzano gli spiriti e in cui si spiritualizzano i corpi. L’immaginale (che non è l’immaginario, il sogno) è un grado d’esistenza ‘superiore’ al possibile.
La Maddalena venuta alla luce di Sé, ha compiuto un passaggio di soglia, e là scopre il mondo dietro questo mondo, e oltre al possibile ha esperito l’impossibile. Perfezionato il terzo occhio, o gli occhi del cuore, ora vede l’Essenziale altrimenti invisibile agli occhi di carne.
Myriam, la Maddalena entra così tra «coloro che operano una ‘frattura’ nello scorrere deterministico del loro tempo, schegge luminose nella carne opaca della nostra storia, degli istanti che introducono nel chrónos la verticalità e l’apertura che ‘salva’» (Leloup).
Il suo ‘immaginale’, ciò che ora lei vede è scevro della materia da vedere: senza corpo da toccare, e pur tuttavia ella vede Colui che ha dato forma a quel corpo e a quella materia che una volta, quando vivevano nello stesso spazio-tempo, ha potuto conoscere sensibilmente.
Myriam ha compiuto s’è detto, un passaggio di soglia. È entrata in ‘un mondo altro’, per via d’affinamento della sua parte spirituale. Lei la risvegliata ha potuto vedere il Risorto!
Il Signore non è risorto. E’ il Risorto. Lo è sempre stato: la questione è che non lo siamo noi; abbiamo occhi oscurati, menti obnubilate, abituati a muoverci nelle apparenze e a vivere di sogni. Lasciato cadere i nostri attaccamenti, disposti a venire alla luce di noi stessi ci risveglieremmo e ci apriremmo alla realtà autentica, a quello che è, e che è sempre stato lì.
Più avanti Gesù dirà alla donna: ‘Noli me tangere’, ‘Non mi trattenere’, non ricondurmi alle categorie del conosciuto, del sensibile e concettuale con cui mi hai sempre conosciuto. Lascia andare. Apriti ad un’altra modalità di conoscenza: affina il tuo mondo interiore.
Sono queste le parole che dovremmo fare nostre se vogliamo ‘fare esperienza di risurrezione’, ossia giungere ad una consapevolezza superiore, ‘altra’ rispetto a quella in cui siamo abitualmente immersi, e in cui presumiamo di conoscere ‘dio’ attraverso le nostre immagini, le nostre categorie, le nostre definizioni. Sarà quando diverremo ciechi che impareremo finalmente a vedere e a conoscere.
Chiusi gli occhi all’apparenza e all’illusione attraverso cui questo mondo si dà a noi, gli apriremo sull’essenziale, sul Reale, su ciò che non è destinato a finire.
San Paolo caduto a terra sulla via di Damasco, non vide più nulla. E fu solo allora che vide Dio e ne fece finalmente esperienza.